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Brusca frenata della produzione industriale dopo quattro mesi di crescita

10 Novembre 2020

Brusca frenata della produzione industriale a settembre, dopo quattro mesi di crescita e il forte aumento registrato ad agosto. Il dato è in calo del 5,6% rispetto ad agosto e scende del 5,1% su base annua (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22 contro i 21 di settembre 2019). A renderlo noto è l’Istat, che spiega come, nonostante il calo di settembre, il trimestre iniziato a luglio mantenga un forte segno positivo (+28,6%) rispetto al precedente trimestre caratterizzato dal lockdown Covid.

Immediato l’allarme dei consumatori, preoccupati in particolare per il tonfo dei beni di consumo, soprattutto in vista del Natale. Dopo quattro mesi di crescita e il forte aumento registrato ad agosto – spiega l’Istituto nazionale di statistica – a settembre la produzione industriale diminuisce in termini congiunturali, registrando comunque un livello superiore dell’1,3% rispetto a luglio.

In crisi l’abbigliamento

Rispetto a febbraio 2020, mese immediatamente precedente l’esplosione della crisi, il livello è inferiore di circa il 4%. Riduzioni tendenziali particolarmente ampie riguardano le industrie tessili, dell’abbigliamento, pelli e accessori e quelle petrolifere. In controtendenza solo il comparto estrattivo, la fornitura di energia e le altre industrie manifatturiere.

Una situazione che, secondo Confcommercio, è “inevitabilmente destinata a peggiorare nel breve periodo”, con il riacutizzarsi della pandemia e le progressive restrizioni messe in atto per contrastarla. Immediato l’allarme dei consumatori, preoccupati in particolare per il tonfo dei beni di consumo, soprattutto in vista del Natale.

Nel dettaglio, l’indice destagionalizzato mostra diminuzioni congiunturali in tutti i comparti: variazioni negative caratterizzano, infatti, i beni di consumo (-4,8%), i beni strumentali (-3,9%), i beni intermedi (-1,6%) e, in misura meno rilevante, l’energia (-0,3%).

Le flessioni tendenziali sono più ampie per i beni strumentali (-7,1%), i beni di consumo (-5,7%) e i beni intermedi (-4,2%), mentre resta sostanzialmente stazionaria l’energia (-0,1%). Gli unici settori di attività economica che registrano incrementi tendenziali sono, come detto, l’attività estrattiva (+2,7%), la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+2,0%) e le altre industrie (+0,2%).

Viceversa, le flessioni maggiori si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-20,8%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-20,4%) e nella fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-11,9%).

“La situazione peggiorerà”

Per Confcommercio, il dato sulla produzione industriale è in linea con il quadro che era già emerso dagli altri indicatori. Con la fine dell’estate – spiega l’Ufficio Studi – il deciso recupero che aveva caratterizzato buona parte del terzo trimestre si è arrestato, con molti indicatori che si trovano ancora a livelli inferiori rispetto ai primi mesi del 2020. Il rallentamento produttivo interessa molti beni destinati al consumo finale, segnale di una domanda interna ed estera molto debole.

Questa situazione – continua Confcommercio – è inevitabilmente destinata a peggiorare nel breve periodo, con il riacutizzarsi della pandemia e le progressive restrizioni, nazionali ed internazionali, messe in atto per contrastarla. Elemento che rischia di compromettere la tenuta del sistema produttivo e le possibilità di ripresa nel 2021 in assenza di consistenti e rapidi sostegni.

Il pessimismo dei consumatori

“Italia nei guai”. È il commento dell’Unione nazionale consumatori ai dati Istat, cui fa eco l’allarme del Codacons, che mette in guardia sul tonfo dei beni di consumo, che riflette la scarsa propensione alla spesa da parte delle famiglie e rischia di avere “effetti disastrosi” sui consumi, soprattutto in vista del Natale.

“L’ottimo rimbalzo di agosto, grazie al quale si erano recuperati i valori pre-Covid, non solo è già finito, ma il Paese è arretrato come i gamberi – avverte Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – insomma, smaltiti questa estate gli ordini arretrati, la produzione arranca nuovamente. Un segnale pessimo, per non dire drammatico, considerato che ora l’Italia è già riprecipitata in un nuovo lockdown che rende questi valori, già orrendi, appartenenti ad una precedente era geologica”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Carlo Rienzi del Codacons: “I dati sulla produzione industriale di settembre, per quanto negativi, sono purtroppo destinati a peggiorare come conseguenza delle ultime misure anti-Covid adottate a livello nazionale e regionale, e crediamo che nemmeno il Natale questa volta possa salvare il comparto, con inevitabili effetti a cascata sull’economia nazionale”.

In controtendenza, solo il dato sull’industria alimentare – fa notare la Coldiretti – con una produzione in aumento congiunturale dell’1,2% rispetto a mese precedente. Al contrario degli altri settori simbolo del Made in Italy come il tessile e automotive, che registrano cali a doppia cifra, le imprese del comparto alimentare – sottolinea la Coldiretti – mettono a segno un aumento della produzione diventando la prima ricchezza del Paese con un valore di filiera che supera i 538 miliardi.

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