“L’insufficienza infrastrutturale del nostro paese non dipende solo dai ritardi, ma anche da una carenza ormai ventennale dagli investimenti. Non basta quindi semplificare e rendere più veloci le procedure, occorre anche investire molto di più”. Lo dice in un’intervista alla ‘Nazione’ il ministro delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, secondo cui in Italia la lentezza nel realizzare le opere è legata a una “una serie di procedure” che “sono lunghe e talvolta contraddittorie, perché a causa del depauperamento del capitale umano, della mancanza di un ricambio generazionale e di nuove competenze molte stazioni appaltanti non sono in grado di produrre progetti adeguati.
Inoltre, i processi decisionali coinvolgono troppi soggetti e questo determina ulteriori rallentamenti”. “Due settimane fa – continua – insieme al ministro Brunetta, ho insediato una commissione della quale fanno parte Corte dei Conti, Consiglio di Stato e Autorità anticorruzione per studiare come cambiare il processo che determina un’opera pubblica. Parallelamente un altro gruppo nel ministero sta lavorando per re-ingegnerizzare le procedure.
E anche il dibattito pubblico andrà anticipato. Dobbiamo fare presto. Se un’opera pubblica impiega 10 anni per essere realizzata e il Recovery Plan ci dà solo 5 anni perché entri in funzione, pena la perdita dei finanziamenti, è chiaro che dobbiamo intervenire in modo abbastanza radicale: non possiamo perdere l’occasione di spendere bene e rapidamente i circa 200 miliardi del Next Generation Eu. L’obbligo di avere opere in esercizio entro il 2026 non è solo un limite ma anche uno stimolo importante che vogliamo e dobbiamo raccogliere”, insiste Giovannini.