Presi d’assalto in varie citta’, con folle di pazienti nelle sale d’attesa o nei cortili esterni, dove presenti. L’avvio della fase 2 ha segnato un ritorno in massa negli studi dei medici di famiglia, che lanciano un’allerta: “Gli assembramenti rappresentano un grande rischio, ed ora piu’ che mai e’ necessario rispettare le regole”. Ma sono vari i motivi che hanno spinto gli italiani a tornare negli studi medici, a partire da quello che il segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, definisce “il vero e proprio caos dei certificati e delle prescrizioni”. Le regole, spiega Scotti all’ANSA, “sono le stesse della fase 1: si puo’ andare dal medico di base per appuntamento e previo triage telefonico, tranne che nei casi indifferibili. Il problema, pero’, e’ che dopo il lockdown sono aumentate le esigenze dei pazienti e cio’ ha portato ad un rischioso ritorno in massa negli studi in varie citta’”. In Campania, ad esempio, afferma, “uno dei motivi principali alla base dell”assalto’ iniziato da ieri e’ la richiesta di certificati: una norma regionale prevede infatti che per tornare al lavoro bisogna essere in possesso del certificato del medico di base che attesta le buone condizioni di salute. Una norma assurda. Come puo’ infatti il medico attestare che un paziente non sia contagiato dal SarsCov2 senza poter disporre di test o tamponi? Con una semplice visita non si puo’ certificare che un soggetto non abbia il Covid-19″. I pazienti, pero’, “hanno bisogno del certificato per tornare nei posti di lavoro e vengono a richiederlo, anche perche’ molti non sono dotati di una stampante a casa per usufruire di un invio elettronico”. Da parte loro, afferma Scotti, “i medici non possono che certificare di aver effettuato una visita generale che non permette pero’ di poter rilevare l’infezione da Covid-19”. Ed ancora: “Sempre in Campania, si prevedono nuove prescrizioni per la ripresa delle visite ambulatoriali nelle asl, sempre con la certificazione che non si abbiano sintomi da Covid. Il risultato – denuncia – e’ che gli studi si stanno affollando anche a causa di queste assurde incombenze burocratiche”. Dal Sud al Nord. Ad Udine, gli assembramenti e la folla negli studi sono stati tali che anche l’Ordine dei medici provinciale e’ sceso in campo, avvertendo che “se si va avanti cosi’, fra dieci giorni precipiteremo nuovamente nel pieno dell’emergenza sanitaria”. Le persone hanno “erroneamente pensato che dal 4 maggio potevano riprendere la vita di prima, e si e’ visto proprio negli studi medici dove si sono presentati pazienti che non hanno tenuto conto delle regole che continuano a restare valide anche nella Fase 2”, afferma il presidente dell’Ordine dei Medici di Udine Maurizio Rocco. Ovviamente, vale sempre la regola del divieto di uscire dalla propria abitazione quando si hanno sintomi influenzali o simil-influenzali. Ma “purtroppo – racconta Rocco – abbiamo visto nella prima giornata di Fase 2 anche persone che si sono recate negli ambulatori dei medici di famiglia con febbre e tosse, esponendo i medici e i loro assistiti a rischi enormi”.