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“La managerializzazione fondamentale per il Pnrr”, parola di Manageritalia

20 Giugno 2022

“Il lascito del Pnrr sarà anche un forte e indispensabile cambiamento procedurale della Pa. Un modo per togliere definitivamente la Pa da questa situazione, vera e in parte stereotipata, di punto debole del Paese e freno allo sviluppo. Questo è un momento di forte rinnovamento ed espansione del personale della Pa, ora dobbiamo puntare ad aumentare manager e managerializzazione anche negli enti locali che sono chiamati al ruolo fondamentale di gestire progettazione e spesa dei fondi”. Questo uno dei passaggi dell’intervento di Marco Leonardi, capo Dipartimento Dipe-Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla tavola rotonda Crescita del Terziario e produttività al centro dell’ultima giornata dell’Assemblea nazionale di Manageritalia. Mario Mantovani, presidente Manageritalia, nel suo intervento ha detto: “È importante che la politica capisca il ruolo del Terziario nello sviluppo e agisca di conseguenza a livello di policy mettendo questo settore sempre più al centro e in sinergia con l’industria nella crescita del Paese. Altrettanto determinante è che le policy, una volta decise e messe in campo, abbiano continuità, senza dipendere dai vari governi”. Mantovani ha anche sottolineato che: come emerge dalla ricerca dell’Osservatorio la performance positiva e all’altezza dei principali competitor europei dei settori del terziario virtuosi, banche e commercio, è legata anche a riforme di liberalizzazione, maggiore concorrenza e quindi ad un aumento della dimensione e della managerializzazione delle aziende”. Azzurra Rinaldi, Economista, direttrice della School of Gender Economics, parlando del ruolo delle donne nella crescita ha detto: “Serve responsabilità da parte delle istituzioni e delle aziende per fare quel salto culturale che permetta di mettere a valore, anche in termini di aumento della produttività, il ruolo e le competenze delle donne nel mondo del lavoro. L’abbandono del lavoro di troppe donne dopo la maternità è una perdita di valore che la nostra economia non si può permettere. Su questo le ha fatto eco Rossella Brenna, Ceo di Unes Supermercati, che ha rafforzato il concetto affermando che: “è determinante anche il ruolo e la responsabilità dei singoli, che siamo tutti noi tutti i giorni nei nostri luoghi di lavoro. Non si può delegare sempre e solo tutto agli altri. Dobbiamo impegnarci in prima persona per cambiare le cose e la cultura”. Alberto Antonietti, Strategy Lead Iceg Accenture ha condiviso la necessità di nuove policy che incidano sugli investimenti in tecnologia. “Il nostro Paese è tra i primi in Europa per gli investimenti in macchinari rispetto al Pil e tra gli ultimi invece per gli investimenti in software, big data e nello stimolare la crescita delle soft skill. Se cresce il settore dei servizi alle imprese cresce di conseguenza anche l’industria, ci vogliono policy che supportino quello che deve essere anche un cambio culturale e un’evoluzione delle attuali competenze” I dati dell’ultimo report dell’Osservatorio di Manageritalia realizzato in collaborazione con la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo mostrano una crescita del valore aggiunto del terziario di mercato italiano nel periodo 2000-2019 pari al 14% (tasso di crescita medio annuo del +0,7%, industria -1%). Un buon risultato, ma comunque inferiore di circa il 20% rispetto al tasso medio di crescita degli altri paesi europei. I fattori che hanno maggiormente contribuito a questo ritardo sono: la qualità della forza lavoro (con minore livello di istruzione e competenze), una minore crescita del numero complessivo delle ore lavorate e una minore efficienza nei processi produttivi (Total Factor Productivity). Anche la produttività del lavoro, misurata come valore aggiunto per ora lavorata, accusa un ritardo importante rispetto alla media Eurozona. In particolare, nel periodo successivo alla crisi del debito (2014-2019), la produttività del lavoro nel terziario di mercato in Italia è cresciuta il 5% in meno rispetto ai principali competitors europei, a differenza del settore manifatturiero, nel quale la produttività del lavoro è cresciuta allo stesso ritmo della media europea. Il gap nel livello della produttività del lavoro non riguarda tutti i settori: mentre i servizi finanziari/assicurativi e, al contrario di quanto spesso si ritiene, il commercio all’ingrosso e al dettaglio sono in linea con i principali competitors europei, il livello di produttività del lavoro dei servizi di informazione e comunicazione (Ict) e delle attività professionali, tecniche e scientifiche (Apts) mostra un marcato ritardo rispetto alla media europea (circa 15 punti in meno di valore aggiunto per ora lavorata in entrambi i casi). “Per qualche settore è necessario attuare politiche di deregolamentazione e miglioramento della qualità della forza lavoro (istruzione e formazione) – spiega Emilio Rossi, Economista, Direttore dell’Osservatorio del Terziario e senior advisor Oxford Economics,- per arrivare ad un recupero di produttività dell’intero sistema paese in tempi relativamente brevi”. Tra i settori meno virtuosi, che hanno avuto un ritardo importante nella crescita della produttività del lavoro, spiccano i servizi ICT e le attività professionali, che nelle moderne economie sono tra quelli a più alto potenziale di crescita e hanno un ruolo trainante ed innovativo per tutta l’economia. Il gap presente nelle situazioni di minore performance di alcuni comparti del terziario italiano di mercato in termini di produttività rispetto ai principali competitor europei è spesso dovuto alla Total Factor Productivity (Tfp). Questa è determinata principalmente da Ricerca e Sviluppo, adozione di nuove tecnologie, innovazione nel processo produttivo e nei modelli organizzativi, riallocazione di risorse, sviluppo di economie di scala e di scopo.

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