Pnnr, Barone (Ficei): «Senza sburocratizzazione gravi danni per il Mezzogiorno»Pnnr, Barone (Ficei): «Senza sburocratizzazione gravi danni per il Mezzogiorno»Pnnr, Barone (Ficei): «Senza sburocratizzazione gravi danni per il Mezzogiorno»Pnnr, Barone (Ficei): «Senza sburocratizzazione gravi danni per il Mezzogiorno»
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Pnnr, Barone (Ficei): «Senza sburocratizzazione gravi danni per il Mezzogiorno»

7 Dicembre 2021

“Senza una vera sburocratizzazione difficilmente il Piano nazionale di ripresa e resilienza procederà spedito, con gravi danni per il Paese e in particolare per il Mezzogiorno”. Lo dice in un’intervista all’Adnkronos/Labitalia Luigi Barone, il consigliere per il Mezzogiorno e le Zes della Ficei (Federazione italiana consorzi enti industrializzazione) e presidente dell’Asi della provincia di Benevento. “Troppe pastoie burocratiche, troppi lacci e lacciuoli bloccano progetti, opere pubbliche e private. Dispiace dirlo, i tempi dell’attuale burocrazia italiana non sono compatibili con quelli europei e del Pnrr. O si ha il coraggio di varare norme vere di semplificazione oppure sarà una battaglia persa in partenza”. “Se occorrono i pareri di soprintendenza, autorità di bacino, enti parco – avverte – un progetto esecutivo per essere approvato, con i tempi di stesura e realizzazione, può richiedere oltre un anno. Immagini cosa significa con i tempi del Pnrr. E poi diciamoci la verità, lo Stato stesso sa che la burocrazia è malata perché se in casi di opere necessarie vengono nominati i commissari, come il caso del ponte a Genova, vorrà dire che nella normalità sarebbe stato complicato realizzare le infrastrutture in tempi celeri”.
“Bisognerebbe – suggerisce Barone – utilizzare lo schema della ricostruzione del ponte a Genova, in particolare nell’iter burocratico, anche per altre opere. E poi c’è tutto il tema del quale parlavo prima i progetti, poi anche la questione dei pochi dipendenti, e molti non al passo con i tempi, degli enti locali. Insomma i problemi sono tanti”. “Iniziamo dai progetti – spiega – ai bandi bisognerebbe partecipare con adeguati studi di fattibilità per poi ottenere il finanziamento del progetto e dell’opera, se si chiedono progetti esecutivi la vedo complicatissima per gli enti locali. Perché oltre che i comuni non hanno nelle proprie disponibilità un reale parco progetti e per chi li vuole realizzare costano e la procedura porta a diverse complicazioni. Invece partecipando ai bandi con la fattibilità poi si può affidare, sempre attraverso una evidenza pubblica, l’incarico della progettazione da realizzare in tempi certi ovviamente sburocratizzando, laddove possibile, la questione dei pareri”. “La maggior parte dei comuni – fa notare Barone – sono sottorganico, addirittura ho scoperto che comuni con 5mila abitanti hanno quattro dipendenti. Come si può chiedere a questi enti di progettare? E poi non mi si venga a dire che si risolve con i nuovi assunti perché nella maggior parte dei casi sono giovani e da formare, per cui i tempi del Pnrr non collimano. Serve personale professionalmente formato e convenzioni con le università. Soltanto così si esce dal casino attuale”. Barone ritiene strategico il ruolo delle università perché “hanno un livello di professionalità talmente alto che tutto procede più velocemente e poi diciamocela tutta, il timbro dell’università è sinonimo di garanzia. Io nell’Asi che guido, a Benevento, per i progetti strategici ho coinvolto l’università perché mi sento molto più tranquillo nella impostazione della progettazione. Credo che vadano coinvolti nel Mezzogiorno tutti gli atenei, assieme alle migliori intelligenze, per dare un’accelerata all’attuazione del Pnrr”. “Con i consorzi Asi – ammette – potremmo fare sinceramente molto di più di quello che facciamo nelle strategie di pianificazione territoriale ed industriale. Soltanto qualche mese fa, grazie al ministero per il Sud, abbiamo risolto come Ficei una stortura realizzata in passato dal legislatore, ovvero la esclusione dei Consorzi dalla cabina di regia delle Zes. Era assurdo escludere i Consorzi se ne propri agglomerati insiste oltre l’80% dei suoli Zes; fortunatamente la ministra Carfagna lo ha compreso e la sua struttura ha corretto un errore commesso da altri ministri. Spesso i burocratici non conoscendo le questioni territoriali sono legati solo a vicende procedurali senza il coinvolgimento di chi poi realmente segue a livello locale quella materia”. “Oltre al decollo reale delle Zes – ricorda Barone – che dal 2017 sono ferme al palo è indispensabile un lavoro sinergico con ministeri e regioni per le aree industriali. Nessuno ad esempio si è mai occupati dei capannoni dismessi. Nel Mezzogiorno ne abbiamo migliaia che potrebbero essere ricollocati sul mercato per nuovi investitori e rimossi dall’incuria e dall’abbandono ma anche in questo caso la burocrazia, spesso le procedure fallimentari, la fa da padrona con ulteriore danno, quello ambientale per il consumo del suolo. Perché se nella mia Asi arriva un investitore che vuole aprire un’attività e mi chiede un capannone io debbo rispondere che non ne ho ma che posso assegnargli un lotto di terreno per realizzarne uno nuovo mentre nella realtà, ma non nella disponibilità dell’Asi, ce ne sono diversi abbandonati”. “La vera scommessa – rimarca Barone – dovrebbe essere legata alle Zes che rappresentano l’unico vero attrattore per nuovi investitori nel Mezzogiorno che possano creare occupazione e sviluppo. Ma anche per le Zes è necessario correggere la rotta. Con la speranza che a brevissimo avremo i commissari con i quali interloquire è indispensabile rivedere la perimetrazione perché in molti casi la Zes è utile soltanto per le aziende già insediate perché gli spazi sono quelli di insediamenti già attivi. E’ necessario, invece, avere spazi adeguati per nuove aziende e nello stesso tempo garantire le stesse misure a chi già opera e intende ampliare la propria attività con nuove assunzioni. Spero che come Ficei possiamo tenere a breve un incontro con il ministro della pubblica amministrazione Brunetta, sempre attento ai temi della semplificazione”.

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