Le città d’arte non ripartono, 34 milioni di presenze dall’estero in meno nel 2020Le città d’arte non ripartono, 34 milioni di presenze dall’estero in meno nel 2020Le città d’arte non ripartono, 34 milioni di presenze dall’estero in meno nel 2020Le città d’arte non ripartono, 34 milioni di presenze dall’estero in meno nel 2020
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Le città d’arte non ripartono, 34 milioni di presenze dall’estero in meno nel 2020

2 Agosto 2020

Le grandi città d’arte non ripartono. L’assenza dei turisti stranieri, come ricostruisce l’agenzia Agi, sta mettendo in ginocchio la loro economia, in particolare di quelle maggiori. Roma, Venezia, Firenze, Torino e Milano, che insieme valgono oltre un terzo del turismo italiano, si apprestano a perdere nel 2020 quasi 34 milioni di presenze dall’estero, con conseguenze importanti per tutta l’economia cittadina, soprattutto per le imprese dei centri storici. Lo stop dei visitatori causerà infatti una perdita di 7 miliardi di euro circa di spese turistiche complessive, di cui 4,9 miliardi a carico del settore alloggio, della ristorazione e delle attività commerciali e dei servizi.  A lanciare l’allarme è Confesercenti, su elaborazioni condotte sulla base delle previsioni di Tourism economics. Stime conservative, sottolinea una nota, che potrebbero rivelarsi ottimistiche in assenza di un avvio del recupero del flusso di viaggiatori entro la fine dell’anno

– Il calo di visitatori, maglia nera a Venezia
La maglia nera va a Venezia: per la millenaria Serenissima, simbolo del turismo Made in Italy e solitamente tra le mete più ambite a livello globale, si prevede una diminuzione di 13,2 milioni di presenze, per un totale di 3 miliardi di euro di spesa turistica perduta. Segue Roma: per la Capitale le previsioni sono di 9,9 milioni circa di presenze in meno e 2,3 miliardi di consumi dei viaggiatori sfumati. A Firenze le perdite si attesteranno su -5 milioni di presenze e -1,2 miliardi circa di consumi. A Milano la contrazione di presenze dovrebbe invece arrivare sfiorare i 4 milioni, mentre per i consumi la riduzione sarà superiore ai 900 milioni di euro. A Torino, si stima un calo di oltre 800mila presenze e di 186 milioni di euro di spese turistiche.

– L’aggravante smartworking
Alla flessione dei turisti stranieri – non compensati dagli italiani, che hanno preferito mete balneari e borghi – va sommato il contributo negativo derivante dal permanere di una quota elevata di lavoratori ancora in smartworking. Una quota destinata a non diminuire troppo fino alla fine dell’anno, visto il prolungarsi dello stato di emergenza e le incertezze complessive. In queste 5 città, che registrano oltre 6,5 milioni di occupati totali, Confesercenti stima un 13% di lavoratori agili, la cui assenza dai luoghi di lavoro sta causando la perdita di circa 250 milioni di euro al mese di spese per alloggio e ristorazione. Fino a fine anno, l’effetto smartworking farebbe perdere a queste imprese 1,76 miliardi di euro.

– De Luise, istituire zone zone franche urbane speciali
“Il turismo sta pagando un prezzo molto alto per l’emergenza scatenata dal Covid. Un duro colpo che si avverte in modo particolare nelle grandi città d’arte. Qui il combinato disposto di frenata dei viaggiatori e allungamento del lavoro agile rischia di far saltare i sistemi imprenditoriali locali. Soprattutto quelli legati alla spesa turistica: dai ristoranti ai bar, fino ai negozi dei centri storici”, spiega Patrizia De Luise, presidente nazionale Confesercenti.  “E’ una situazione di gravità eccezionale, che richiede misure straordinarie”, aggiunge De Luise, che chiede di “istituire delle zone franche urbane speciali nei centri storici dei Comuni di interesse culturale ad alto flusso turistico, che sono i più colpiti dall’onda lunga della crisi scatenata dall’emergenza Covid. Le zone franche dovrebbero consentire alle imprese che vi operano di godere di un sostegno speciale, sotto forma di un contributo da usare in compensazione dei versamenti tributari e contributivi. In questo modo”, conclude, “daremmo un po’ di ossigeno ad attività ricettive, servizi turistici, imprese del commercio e di ristorazione e bar, adesso in asfissia. Senza un intervento, migliaia di Pmi rischiano di saltare come birilli”.

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